Il marchio è il più importante tra i segni distintivi tipici tutelati dal nostro ordinamento in quanto consente ai consumatori di distinguere i prodotti e/o i servizi, realizzati o distribuiti da un'impresa, da quelli delle imprese concorrenti.
Il marchio attribuisce al titolare il diritto di farne un uso esclusivo, vietando a terzi il suo utilizzo non autorizzato (fabbricazione, commercializzazione, importazione o esportazione ecc.) per prodotti e/o servizi uguali o affini, quando ciò determini un rischio di confusione o di associazione nei consumatori.
In considerazione dell’importanza assunta nel mercato dal rapporto fra le imprese e il pubblico dei consumatori, il marchio trova una disciplina specifica tanto nel nostro ordinamento quanto in quello dell’Unione Europea e che nell’ordinamento internazionale.
A norma dell’art. 7 del c.p.i. “Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese”.
Si possono distinguere le seguenti tipologie di marchio:
Infine, in base al titolare, è possibile distinguere tra:
Se Vi proponete di registrare un marchio dovreste sapere che non è possibile registrare arbitrariamente come marchio un segno qualsiasi.
Quando si sceglie un marchio (che sia figurativo, verbale ecc..) è bene
attenersi al rispetto di quelle regole che consento di registrare
validamente un marchio.
Queste regole, previste dalla legge,
costituiscono i requisiti di validità del marchio e la loro mancata
osservanza determina la nullità e l’impedimento alla valida registrazione
del marchio.
Un marchio è dotato di capacità distintiva (detta anche originalità) quando consente ai consumatori di distinguere i prodotti e i servizi di una determinata azienda tra tutti i prodotti e servizi dello stesso genere immessi sul mercato dalle aziende concorrenti. Il marchio deve quindi essere in grado di comunicare al consumatore l’origine commerciale di un determinato bene o servizio, ponendolo nella condizione di poter distinguere ed operare delle scelte tra prodotti e servizi identici o simili offerti da una pluralità di aziende diverse presenti sul mercato.
La legge prevede infatti che non possono essere oggetto di registrazione quei segni che sono privi di capacità distintiva ed in particolare:
Si intendono quelle parole o figure che sono abitualmente utilizzate nella prassi del mercato o nella vita quotidiana con riferimento a prodotti di qualunque tipo così ad esempio come le parole “super” “extra” “standard” . Per le lettere dell'alfabeto e numeri semplici è riconosciuta capacità distintiva se in combinazione tra loro.
Queste sono i nomi comuni dei prodotti, adottati per contraddistinguere prodotti di quel tipo ( così ad esempio “latte” non può figurare da marchio per il latte, così come “sedia” per le sedie, ecc.).
Tuttavia parole di uso comune possano costituire valido oggetto di registrazione, ove il termine prescelto come marchio non ha alcuna attinenza lessicale o logica con i prodotti o servizi che il marchio andrà a contraddistinguere (prendiamo ad esempio dei marchi noti, “Apple” per personal computer, “Diesel” e “Camomilla” per abbigliamento). Una valutazione ad hoc verrà quindi effettuata caso per caso, nell'ipotesi in cui venga proposta come marchio una parola (o una combinazione di parole) generica o descrittiva.
Sono tutte quelle espressioni che alludono alle caratteristiche
essenziali e alle prestazioni del prodotto o del servizio : ad esempio la
parola “dolce” difficilmente sarà registrata come marchio di prodotti
dolciari, così come “pulito” per prodotti di pulizia.
Per fare degli
esempli eclatanti, sono stati dichiarati nulli, perché meramente descrittivi
e quindi privi di capacità distintiva, i seguenti marchi: BITTÉR per
aperitivi; JEANS per pantaloni; MOHITO per bevande alcoliche.
Generalmente, al fine di scongiurare la nullità di un marchio per mancanza di capacità distintiva (un caso ad esempio è quello del marchio descrittivo) è fortemente consigliabile “caratterizzare” il marchio dotandolo di una particolare veste grafica e/o rivendicare dei colori particolari, in modo che la presenza di elementi figurativi possa conferire al marchio la capacità di distinguersi facilmente dagli altri marchi evitando un rischio di confusione.
La capacità distintiva di un marchio, non è un elemento statico, può evolvere nel corso del tempo ed aumentare o diminuire in base al modo in cui il segno viene percepito da parte del pubblico dei consumatori di riferimento.
In base al grado di capacità distintiva è quindi possibile operare una distinzione tra marchi “forti” e marchi “deboli”.
Il “marchio forte” è dotato di una spiccata originalità e capacità distintiva in quanto privo di un qualsiasi legame concettuale col prodotto o il servizio che andrà a contraddistinguere. Può trattarsi di un segno dotato di un proprio significato (che nulla a che fare col prodotto o servizio) oppure di un segno di pura fantasia, privo di significato, vale a dire parole di pura fantasia o raffigurazioni astratte.
Questi marchi godono di una tutela particolarmente intensa: basti pensare al marchio “Apple” per i personal computer o a “Camomilla” per l'abbigliamento; “Rolex” per gli orologi.
Il marchio “debole” è dotato di minore originalità in quanto ha una relazione con il prodotto e/o il servizio, avvicinandosi (o addirittura coincidendo) con la loro descrizione o denominazione generica.
La capacità distintiva è minima. Ad esempio: nel settore farmaceutico i marchi Benagol, Golasan per i prodotti di uso orale; in attività di vendita al dettaglio e all'ingrosso, La casa del mobile, La casa del colore; “Divani & Divani”, “Yo” per yogurt o “Pomito” per conserve di pomodoro.
La validità di questo genere di marchi dipende dal fatto che l’elemento descrittivo è accompagnato da elementi di differenziazione che consistono nell’aggiunta di prefissi, suffissi, trasposizioni, distorsioni della parola o da particolari combinazioni o caratterizzazioni grafiche e la loro tutela verte unicamente su questi elementi e non sulla parte descrittiva.
Dal punto di vista giuridico, la distinzione tra marchi forti e marchi deboli è di fondamentale importanza in quanto incide sull’intensità della tutela riconosciuta ad un dato marchio. A chiarire questo concetto viene in aiuto un’ autorevole pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. I, sentenza del 27.02. 2004, n.3984, che ha chiarito che la suddetta distinzione si “riverbera sulla tutela dei marchi nel senso che, per il marchio debole, anche lievi modificazioni o aggiunte sono sufficienti ad escludere la confondibilità, mentre, al contrario, per il marchio forte, devono ritenersi illegittime tutte le variazioni e modificazioni, anche se rilevanti ed originali, che lascino sussistere l’identità sostanziale del cuore del marchio”.
In caso di contraffazione il “marchio forte” gode di una tutela molto più intensa rispetto al c.d. “marchio debole” e questa debolezza fa sì che possano coesistere più marchi molto simili tra loro.
In tal senso si possono portare ad esempio casi che hanno fatto scuola: marchi carciofotto/carcioghiotto per prodotti alimentari (Trib. di Roma 22 giugno 1993), coccolino stiro facile/vernel stiro facile per prodotti di pulizia (Trib. Milano 21 marzo 2001). I giudici hanno infatti considerato non confondibili tra loro i predetti marchi a cagione della loro debolezza.
Quando la capacità distintiva di un marchio muta nel tempo:
La capacità distintiva di un marchio non è un requisito dai contorni fissi ed immutabili ma è un elemento che può mutare d’intensità nel corso del tempo in senso positivo o negativo.
Si parla di secondary meaning quando un marchio originariamente debole – perché generico o meramente descrittivo- diviene forte e quindi dotato di capacità distintiva quando nel corso del tempo acquisisce un significato secondario che consente al pubblico dei consumatori di individuare con precisione la provenienza di determinati prodotti e/o servizi da una data azienda. Ciò accade per effetto del consolidarsi dell’uso del marchio quando, ad esempio, il suo titolare mette in atto delle strategiche campagne pubblicitarie e di marketing.
Casi emblematici di marchi nati deboli perché descrittivi e/o generici e che nel tempo hanno acquisito una forte capacità distintiva sono IL GIORNALE, VOV, ORANSODA, LEMONSODA, ESTATHE’..
La volgarizzazione del marchio, è il fenomeno inverso al secondary meaning, e si ha quando il marchio decade per esser divenuto la denominazione generica del prodotto o del servizio che originariamente andava a contraddistinguere, così perdendo la sua capacità distintiva.
Questo può verificarsi quando il titolare del marchio non reagisce all’utilizzazione del segno come denominazione generica del prodotto o del servizio. Per evitare la volgarizzazione, il marchio deve essere sempre utilizzato in abbinamento alla lettera ® della registrazione o ricordare nella pubblicità che si tratta di un marchio registrato.
Anche la presenza di un marchio nei dizionari o enciclopedie è sintomo di volgarizzazione e per evitarla il titolare può chiedere che nell’opera venga espressamente indicato che si tratta di un marchio registrato. Ad es. la notissima casa dolciaria Ferrero ha richiesto e ottenuto l’inserimento del simbolo ® su un famoso dizionario ove Nutella compare come sinonimo di “cremaspalmabile”; così anche Aspirina.
Non pochi sono gli esempi eclatanti di marchi nati per identificare un prodotto sul mercato e che invece sono stati ritenuti volgarizzati dai Tribunali in quanto divenuti denominazione generica di un prodotto. Tra i casi più noti si può ricordare il termine “Premaman” depositato per contraddistinguere articoli di abbigliamento per donne in attesa, poi divenuto termine corrente per indicare un genere merceologico. Il medesimo fenomeno si è verificato per i marchi “Biro”, “Nylon”, ecc.
Cosa s’intende per marchio nuovo?
Per svolgere compiutamente la sua funzione distintiva, il segno che si intende registrare come marchio deve essere nuovo e quindi diverso (né simile, né identico) rispetto ad altri marchi e segni distintivi preesistenti già noti e /o su cui terzi vantano diritti anteriori (marchi, nomi a dominio, ditte, insegne ecc.. ) e ciò al fine di scongiurare un rischio di confusione nel pubblico dei consumatori.
Quando un marchio è illecito?
La legge individua con precisione i casi in cui non è possibile procedere alla registrazione del marchio a causa della illiceità del segno scelto.
Per contrarietà alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume quando contiene raffigurazioni o parole oscene o miranti a screditare le istituzioni, il sentimento religioso, i simboli della nazione.
Per decettività o ingannevolezza sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi, facendo sorgere nei consumatori un’aspettativa che in realtà non soddisfano. Ad esempio: i marchi contenenti i toponimi Imperia e Oneglia per olii d’oliva sono nulli per decettività originaria perché i prodotti contrassegnati sono realizzati con olive di produzione extraligure.
La decettività può essere intrinseca e originaria (sanzionata con nullità) oppure sopravvenuta per effetto dell’uso del marchio (sanzionata con decadenza).
Quando costituisce violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi. Ad esempio quando il titolo di un film è registrato come marchio per il merchandising di vari prodotti commerciali.
Non è inoltre consentita la registrazione di un marchio quando si tratti di stemmi, bandiere o altri emblemi protetti da convenzioni internazionali (ad es. la Croce Rossa o il simbolo delle olimpiadi) o che rivestono un interesse pubblico.
Cos’è il principio di verità di un marchio?
Il principio di verità è un altro importante requisito ai fini della valida registrazione di un marchio. Il segno scelto non deve trarre in inganno il pubblico dei consumatori in ordine alla provenienza geografica, alla natura e alla qualità dei prodotti e servizi che dovrà contraddistinguere.
Un marchio contenente false indicazioni (e dunque lesivo del principio suddetto) potrà quindi essere dichiarato nullo.
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Avv. Simona Madesani